Storia
Storia Genealogica
Alfonso, battezzato col nome di Raimondo Berengario (Huesca, 1157 - Perpignano, 25 aprile 1196), detto il Casto (ma anche il Trovatore) fu Re Alfonso II di Aragona (che includeva le contee di Sobrarbe e di Ribagorza) e Conte Alfonso I di Barcellona (che includeva quasi tutte le contee della Catalogna) dal 1162 al 1196, fu Conte Alfonso I di Provenza dal 1167 al 1173 e Conte Alfonso I di Rossiglione dal 1172 al 1196. Figlio della Regina di Aragona, Petronilla e del Conte di Barcellona, Raimondo Berengario IV. Alla nascita, avvenuta il 1157, fu battezzato con lo stesso nome del padre, Raimondo Berengario. Sposò il 30 gennaio del 1159, all'età di circa 6 anni, Mafalda del Portogallo (1148-1160), figlia del Re Alfonso I del Portogallo e di Mafalda di Savoia. Dopo la morte del padre (1162) e l'abdicazione formale di sua madre (1163), al momento di salire sul trono di Aragona, assunse il nome di in onore di Alfonso il Battagliero, fratello di suo nonno. Dal padre, aveva ereditato il titolo di Conte di Barcellona (Catalgona), di cui fu investito il 24 febbraio 1163, che riunì al Regno di Aragona il giorno dell'incoronazione, l'11 novembre dello stesso anno, attuando l'unione dinastica fra le due enti-tà dando origine alla Corona d'Aragona. Per desiderio di sua madre regnò con il nome di Alfonso I di Catalogna e II di Aragona. Nel 1166, alla morte del cugino, il Conte di Provenza, Raimondo Berengario II, all'assedio di Nizza nell'offensiva contro la repubblica di Genova, il Casto, rivendicò la Contea, in quanto l'erede legittimo, Dolce II di Provenza, non era maschio ma femmina. Pochi mesi dopo, tra il 1167 e il 1168, Alfonso spodestò Dolce e s'impadronì della Contea, assumendo il titolo di Conte Alfonso I di Provenza. Nel 1172, morì il Conte del Rossiglione, Gerardo II, che qualche anno prima aveva dovuto divenire suo vassallo. Dato che Gerardo morì senza lasciare discendenti gli successe nel titolo di Conte, impossessandosi della Contea. Nel 1173, dopo la morte della legittima erede, Dolce II, cedette la Contea di Provenza al fratello minore, Raimondo Berengario. Il 18 gennaio del 1174 sposò a Saragozza in seconde nozze Sancha di Castiglia (1154-1208), figlia del Re di Castiglia, Alfonso VII. In quegli anni, dopo aver stretto un'alleanza con il Re di Castiglia, Alfonso VIII, lo aiutò nella guerra al Re di Navarra, Sancho VI che gli permise, al Re di Castiglia, l'occupazione della regione di Rioja. L'aiuto che Alfonso II diede al Re di Castiglia anche nella liberazione di Cuenca dai Mori, gli permise di liberarsi dal vassallaggio che l'Aragona doveva alla Castiglia. Infatti, nel 1179 a Cazorla, venne siglato un trattato tra Alfonso VIII di Castiglia ed Alfonso II d'Aragona, in cui non solo si stabilivano gli attuali confini esistenti tra i due regni, ma venivano anche definiti i territori che sarebbero loro toccati in un'eventuale riconquista del territorio in possesso dei mori, che permise al Regno di Aragona di portare i confini ai fiumi Júcar e Segura; anche le aree a sud di Valencia inclusa Denia furono assicurate all'Aragona. Nel 1186, intervenne anche in Sardegna, dove aiutò la cugina Agalbursa, vedova del giudice di Arborea, Barisone I, a portare sul trono del Regno di Arborea il proprio nipote, ancora bambino, Ugone I, contro l'altro aspirante Pietro I De Lacon Serra. Anche le contee guasconi di Béarn e di Bigorre gli resero omaggio, nel 1187. cominciò così ad intervenire negli affari della Linguadoca, cosa che fu di cattivo auspicio per il suo successore, Pietro II d'Aragona. Alfonso morì a Perpignano, il 25 aprile 1196, all'età di quarantaquattro anni, dopo avere regnato per 23 anni 6 mesi e 12 giorni. Alfonso fu molto stimato per la sua fede, che si concretizzò in molte offerte alle chiese e ai monasteri, agevolò l'inserimento dei monaci cistercensi nella valle dell'Ebro, e in un insediamento da lui favorito, nel 1202 sorse il Monasterio de Nuestra Senora de Rueda,che sarà il primo istituto di tecnica idraulica della penisola iberica. Finì la costruzione del Monastero di Santa Maria di Poblet dove fu sepolto. é contro I Mori e ò tutta l'Aragona. Fece suo vassallo il Re Moro di Valencia. Alfonso , pertanto,Sovrano diFu in ottimi rapporti con Riccardo cuor di Leone e fu anche un noto poeta ed intrattenne rapporti con altri poeti e trovatori, con Guilhem de Saint-Leidier, Raimbaut of Orange, Dalfi d'Alvernha, Azalais de Porcairagues e con Giraut de Bornelh con cui sembra che componesse una ó (canzone).
Alfonso e Sancha ebbero nove figli:
- Pietro II d'Aragona (1174-1213), Re d'Aragona;
- Costanza d'Aragona (1179-1222), sposata nel 1198 con Emerico d'Ungheria e poi nel 1209 con l'Imperatore svevo Federico II su suggerimento del Papa;
- Alfonso II di Provenza (1180-1209);
- Eleonora d'Aragona (1182-1226) sposata, nel 1203, al Conte Raimondo VI di Tolosa;
- Sancha d'Aragona (1186 - circa 1241) sposata, nel 1211, al Conte Raimondo VII di Tolosa, figlio di Raimondo VI;
- Sancho d'Aragona, Conte di Rossiglione, morto in giovane età;
- Raimondo Berengario d'Aragona, morto giovane;
- Ferrante d'Aragona (1190-1249) che diventò religioso nel Monastero di Santa Maria di Poblet;
- Dolce d'Aragona (1192-?), che diventò religiosa nel monastero di Sixena, che era stato fondato dalla madre.
Casa Paternò Castellovenne avviata con Gerardo padre di Costantino e marito di Archipreta, a sua volta sorella di Ruggero I d'Altavilla. Riguardo l'appartenenza di Gerardo alla famiglia degli Altavilla si esprimono chiaramente sia Filadelfo Mugnos (TeGenologico delle famiglie del Regno di Sicilia, vol.III, pag. 20) sia Vincenzo Paternò Barone di Raddusa (di Spagna e altro, in Archivio di Stato di Catania, Fondo, Famiglie, Paternò di Raddusa, n° 403, pag. 150). La citata opera di Filadelfo Mugnos, composta da quattro volumi, fu data in stampa in Palermo tra l'anno 1647 e l'anno 1670. La vastità del lavoro fu anche sostenuta dalla visione diretta da parte dell'autore di fonti manoscritte di sicura importanza, oggi scomparse; rilevanti, in particolare per la Famiglia Paternò, furono le antiche manoscritte dal vescovo siracusano Simone da Lentini e i manoscritti vergati da Pietro Speciali, figlio di Nicolò Speciali Maestro Razionale del Regno, e conservati, all'epoca del Mugnos, presso il Principe Don Blasco Marchese Speciali. Vincenzo Barone di Raddusa intese da parte sua, comporte una rapida ma sostanziosa storia della Famiglia Paternò dalle origini ai suoi tempi, inserendola all'interno di un volume ove raccolse la propria corrispondenza da Madrid durante l'incarico di ambasciatore siciliano. Il periodo di tempo nel quale tutto fu composto fu il biennio 1670-1671, avendo ben presente tutta la documentazione del ricco Archivio di Casa Paternò. Considerato che l'ultimo dato genealogico riportato dal Raddusa risale al 1659 (pag. 154 della citata opera), considerato che l'opera del Mugnos fu stampata tra il 1647 ed il 1670 e che il volume inerente i Paternò risultò il terzo in ordine di uscita, appare chiaro come sia assolutamente improponibile qualsiasi possibilità di "contaminazione ideologica" tra il Raddusa ed il Mugnos. Occorre per ultimo sottolineare come questi ultimi costituiscano in questo caso le uniche fonti ad oggi sopravvissute al disastroso terremoto catanese del 1693, che si portò via praticamente tutto l'Archivio di casa Paternò ol-tre che un gran numero dei suoi rappresentanti assieme al principesco palazzo di famiglia. Fatta questa precisazione, si osserva ancora che l'appartenenza di Gerardo, primo rappresentante della Famiglia Paternò, alla Famiglia degli Altavilla, considerate per quei secoli la fumosità e vacuità dei cognomi, venne ripresa da molte altre fonti successive quale, ad esempio quella della Palizzolo Gravina (Blasone in Sicilia, ristampa Forni, Bologna, pag. 299). Va ricordato a questo proposito che la Casata Paternò fu annoverata fra le trentatre famiglie che ebbero accordato l'onore di appartenere all'Ordine del Cingolo Militare, Ordine nobiliare e cavalleresco fondato nell' XI sec. da Ruggero I, Conte di Sicilia, e perciò Ordine di collazione dinastica della Real Casa Normanna degli Altavilla, accordato solamente alle prime famiglie del Reame (vedasi Palizzolo Gravina, opera citata; di Torre Muzza, I Fasti di Sicilia; Pelliccioni di Poli, l'Ordine del Cingolo Mili-tare). Gerardo generò Costantino, titolare, per concessione personale ed individuale, di uno dei più grandi feudi del Regno Siciliano, comprendente anche il Castello di Paternò. Costantino generò Roberto, a sua volta padre di Ruggero e Simone. Ruggerò procreò Aldovisio, Matteo e Giovanni detto Giovannuzzo (Mugnos op. citata, vol. III, pagg. 20-21; Raddusa, op. citata, pag. 150). A questo punto bisogna ricordare che Enrico VI di Hoenstaufen, Imperatore ed erede del Regno di Sicilia attraverso il matrimonio con Costanza d'Altavilla, scese verso l'isola per reclamare la propria Corona trovando l'opposizione di una parte della nobiltà locale. Aldovisio e Matteo Paternò si schierarono contro l'Imperatore, combattendo a fianco di Guglielmo, Principe di Taranto (poi Guglielmo III Re di Sicilia per sette mesi), trovando la morte in battaglia. Giovanni, terzo fratello, affiancò invece Enrico VI, ricevendo in cambio la carica di Governatore di Catania per tre anni. Figli di Simone furono Gualtieri assieme ad Alvarez. Gualtieri accompagnò nella conquista della Sicilia Re Pietro d'Aragona, ristabilendo la propria dimora a Catania. Suoi figli furono Benedetto e Ranerio; quest'ultimo procreò Giovanni Gualtiero il quale acquisì una notevole posizione della Corte Siciliana, diventando prima Damigello e poi Segretario Maggiore del Re. Nicolò, Raneiro e Giovanni furono suoi figli. Nicolò procreò Giovanni detto il Seniore. In quest'ultimo è possibile scorgere tutta la vicinanza e consanguineità con la Casa Aragonese attraverso la testimonianza oculare del Mugnos op. citata, vol. III, pag. 22 e del Raddusa (op. citata, pagg. 151 e 153) ed attraverso un documento del 1395, oggi scomparso poichè appartenente al disastrato fondo della Real Cancelleria presso l'Archivio di Stato di Palermo, ma ben ricordato e letto dal Mugnos e dal Radusa, Giovanni fu "creato Luogotentente et suo Vicario Generale in Noto, con la Potestà Alta e Bassa e con quella della Guerra, con l'autorità di ricevere gl'homagii e le recognitioni degli castellani e 'l ca-rico pure di far gl' ufficiali della Città di Siragusa" (Mugnos op. citata, vol. III, pag. 23); "fatto Luogotentente e suo Vicario Generale in Noto con la Potestà Alta e Bassa e con quella della Guerra, con l'authorità di ricevere l'omagii delli castellani e di fare gl' Officiali di Siragusa" (Raddusa op. citata, pag. 151). I successori di Giovanni, dai quali i molteplici rami della Casa ebbero tutti origine, furono ugualmente e visibilmente vicini ai sovrani militari, Benedetto, suo figlio, fu Tesoriere del Papa e della Camera Apostolica e in stretto contatto con il Re, mentre Gualtieri, altro figlio di Giovanni, grande giureconsulto e "Feudista Magnus", accompagnò il Sovrano in guerra e lo difese di fronte al Papa per l'investitura sul Regno di Napoli (Mugnos, op. citata, vol. III, pagg. 23-24; Raddusa op. citata, pag. 151). Nel XVII sec., Agatino, figlio di Orazio Paternò Castello, divenne, inoltre, Vicario Generale del Regno per la Val di Noto. Nel 1743 Vicario Generale del Regno fu anche Vincenzo di Giacinto Paternò Castello. Successiva-mente Giuseppe Vincenzo di Mario Concetto fu Capitano di Armi e di Guerra per tutto il Regno di Sicilia. Vicinanza particolare alla Casa Regnante Borbone Due Sicilie dimostrò soprattutto la nomina a Gentiluomo di Camera sia di Francesco di Mario Giuseppe Paternò Castello che di Gaetano suo fratello nel decennio 1845-1855. La fondatezza sulla pretensione degli attuali membri della Casa Paternò Castello si pone su numerosi documenti annessi alla ricerca storico-genealogica del Casato. In ordine cronologico un decreto del Tribu-nale Civile della Provincia di Catania del 18 maggio 1851 definì il Casato Paternò: "Serenissima Casa Paternò"Altro documento di notevole importanza è stato un atto emesso dalla stessa Real Commissione della Nobiltà, direttamente dipendente dal Sovrano del Regno delle Due Sicilie, dell'anno 1859 nel quale venne così affermato: " Certifico io qui sottoscritto qualmente avendo fatto perse-guire i Registri che si conservano in questo Archivio della Real Commissione dei Titoli di Nobiltà e con particolarità quello intitolato Regi-stro delle Famiglie dei Cavalieri di Malta detti di San Giovanni Melitinse di Giustizia, in esso al foglio secondo Famiglia Paternò e la consanguinea Paternò Castello allirata nel seguente modo: et di origini Regali di Sangue Aragonese (27 giugno 1859, da Napoli)". La stessa Real Commissione di Nobiltà in un altro documento emesso a Napoli il 28 novembre 1859, confermato in data 2 febbraio 1860, riconobbe alla Famiglia Paternò Castello la sua discendenza "delli Reali d'Aragona". In assoluto il documento più esplicitante e significativo rimane l'atto emanato da Francesco II Re delle Due Sicilie nell'anno 1860, nel quale il Sovrano riconosceva le origini aragonesi a Mario Paternò Castello e Guttadauro dei Duchi di Carcaci, figlio di Don Giovanni e di Eleonora Guttadauro Principessa d'Emmanuel Reburdone. Tale documento, portante il sigillo reale, è datato Gaeta 16 settembre 1860 e porta la firma di Pietro Ulloa, Ministro Segretario di Stato di Re Francesco II delle Due Sicilie. Numerose, dunque, sono le prove e le testimonianze sulla consanguineità tra la Casa Paternò Castello e la Casa Aragonese. A tale copiosa documentazione si può aggiungere la sentenza pronunciata dal Tribunale Penale di Pistoia n° 119/62 del 5 giugno 1964 che riconobbe la discendenza della Famiglia Paternò da un membro della Real Casa d'Aragona. Martino I, ultimo Re della Casa d'Aragona, di Valencia, di Maiorca, di Sardegna e di Sicilia morì nel 1410 senza lasciare prole; a lui successe il nipote ex sorore (Eleonora) il Conte d'Urgell. All'estinzione della Casa d'Urgell e della Casa di Ribagorza (anno 1434) divennero capi della Casa d'Aragona i Principi di Cassano. Dopo la morte dell'ultimo Principe di Cassano, i capi dei diversi rami della Famiglia Paternò si riunirono in consiglio di famiglia in Palermo il 14 giugno 1853 e riversarono le prerogative dinastiche regali in Don Mario Paternò Castello Guttadauro d'Emmanuel, figlio di Don Giovanni Paternò Castello, Principe d'Emmanuel jure maritali, a sua volta figlio di Mario Giuseppe Duca di Carcaci e di Donna Eleonora Guttadauro, ultima della Casa dei Principi d'Emmanuel, come Guttadauro anch'essa discendente dal Re d'Aragona. Mario Principe d'Emmanuel sposò Anna Spi-talieri, erede della famiglia che sposò Roberto Paternò Castello di Car-caci, figlio di Francesco Mario Duca di Carcaci. La linea continua fino all'attuale discendente Thorbjorn Francesco Giuseppe Nicola Roberto Paternò Castello dei Duchi di Carcaci dei Principi d'Emanuel, nato il 26 novembre 1976 a Molndal (Svezia).